
Il 2016 non si apre sotto i migliori auspici; una situazione politica incerta su diversi fronti, i problemi dell’emigrazione in Europa, il terrorismo, le apparenti sbandate della Cina, il livello di indebitamento molto rilevante in diverse aree del mondo, sembrano essere alcuni dei fattori negativi che abbiamo davanti.
L’economia mondiale rallenta a causa di problemi economici, finanziari e politici non risolti, ma tale rallentamento appare distribuito in maniera non uniforme sulla superficie del globo.
Si ripete il solito paradosso: i ricchi guadagnano di più e pagano, in proporzione, molto meno dei poveri.
L’elemento principale da registrare al momento attuale, al di là degli andamenti delle singole economie, è la transizione strutturale che sta attraversando l’economia globale. Le caratteristiche principali di questo fenomeno sono:
- Gli USA hanno ripreso ad essere la “locomotiva” principale dell’economia mondiale. Con una crescita del 2.6% nel 2015, e una attesa del 2.8% nel 2016, gli Stati Uniti si sono lasciati definitivamente alle spalle la crisi del 2008-09 riuscendo anche a contenere la disoccupazione. Ma non è tutto oro quel che luccica: il peso del lavoro nella composizione del reddito statunitense sta diminuendo costantemente, il che implica una graduale compressione dei salari in favore dei detentori di capitale. Attenzione dunque all’aumento delle disuguaglianze in un Paese che è già ai primi posti tra le economie sviluppate in quanto a distribuzione diseguale del reddito;
- L’Europa è tornata a crescere, ma non abbastanza. Nel 2015 si dovrebbe registrare un +1.9%, che è un dato non del tutto soddisfacente soprattutto nell’Eurozona, al netto degli ingenti sforzi effettuati dalla Banca Centrale Europea attraverso il Quantitative Easing voluto fortemente da Mario Draghi. La politica monetaria espansiva non è stata infatti finora in grado di riattivare il meccanismo dell’inflazione;
- La Cina deve cambiare modello di crescita, da un’economia sostanzialmente di investimenti e di esportazioni ad una più concentrata sui consumi interni. È una fase capitata a tutte le economie e che impone a Pechino di evitare “scossoni” troppo forti, anche perché le implicazioni per il resto del mondo sono più che rilevanti;
Gli emergenti non sono più il traino principale dell’economia globale.
L’anno che sta cominciando apre dunque le porte ad un periodo di profonda transizione, che dovrà essere governata dalle autorità economiche e finanziarie con lungimiranza e disponibilità a collaborare e a coordinarsi.
Da un unico seme è possibile produrre svariati prodotti che risolverebbero molti dei problemi che affiggono la nostra società:
- Carburante simile al Diesel.
- Abbigliamento di ogni genere, al posto del cotone o delle fibre sintetiche.
- Alimentazione, si assumerebbe un vegetale con proprietà davvero salutari e uniche.
- Curare tante, tantissime patologie, dalle più comuni alle più gravi.
- Evitare il disboscamento, per produrre carta o mobili, salvando milioni di alberi.
- Inserirlo in materiali da costruzione per i più svariati usi.
Legalizzarla significherebbe eliminare molte delle restrizioni che impediscono, ad oggi, il rilancio delle coltivazioni ad uso non ricreativo, porterebbe a maggiori controlli sul prodotto finale che è consumato, anche se illegalmente, da tantissime persone esattamente come con l’alcool, legale ben peggiore.
Una società contraddittoria. In un senso si vuole cercare metodi ecosostenibili per sostituire quelli in uso, si promuovono campagne per la sensibilizzazione cittadina rivolte all’ambiente, si parla in continuazione di crisi economica, dall’altra parte invece le energie naturali, le ricerche scientifiche che dovrebbero apportare un cambiamento notevole e immediato, non sembrano essere udite.