
L'individuo oggi è meno impegnato di prima, sia dal punto di vista mentale che dal punto di vista fisico; si preferisce essere spettatori piuttosto che protagonisti.
La società attuale è sempre più impersonale, dal momento in cui i giovani si adultizzano e gli adulti invece regrediscono, creando quindi un conflitto di ruoli irreversibile.
Oggi è la parola omologazione ad imperare sotto ogni argomento.
Le interpretazioni della realtà mutano da soggetto a soggetto, assumendo alcune volte forme estreme; alcuni individui infatti possono reagire con aggressività, spesso covata in silenzio, generata di frequente dallo stress moderno, oppure da schemi mentali avvertiti come legittimi.
Non a caso, negli ultimi tempi, il diffuso disagio sociale ha determinato l’aumento indistinto degli episodi di cronaca nera.
In relazione proprio all’aumento di questi episodi, le paure collettive si sono propagate a macchia d’ olio.
Il tutto, collegato alla moltitudine di notizie, spesso troppo amplificate dei media, ha generato la sensazione di vivere in un mondo poco sicuro.
Ogni scelta non è solo il frutto di analisi profonde di sensazioni, di valutazioni o di volontà intrinseche, ma è soprattutto il risultato del precario equilibrio tra paure e certezze, e ad oggi le certezze diminuiscono e le paure aumentano.
Il problema che finora ha impedito il rilancio della canapa ha un nome: MARIJUANA.
Se non ci fosse il problema marijuana la canapa potrebbe essere una normale pianta coltivata dalla quale potremmo trarre svariati benefici, dall’ agricoltura all’ economia, dall’ambiente all’ alimentazione.
Se da alcune varietà di questa pianta si ricava droga è solo una sfortunata coincidenza ( la cannabis sativa ha un basso contenuto di resina, la cannabis indica invece ne è ricca ed è proprio nella resina che troviamo i cannabinoidi, responsabili dell’ effetto psicoattivo).
Vero anche che la canapa ricca di resina è in realtà prima di tutto, un importante medicinale , ma negli anni ‘30 (gli anni del proibizionismo americano) è stata fatta diventare droga per eliminare un pericoloso concorrente del petrolio, dell’industria chimica e della carta fabbricata con legno d’ albero.
Il nome messicano “marijuana” era stato scelto con cura al fine di mettere la canapa in cattiva luce, per cui l’opinione pubblica, sentendo parlare di una droga tanto pericolosa, non immaginava minimamente che in realtà fosse semplicemente l’innocuo farmaco chiamato cannabis.
Nel ‘37 ne venne proibita la coltivazione di qualsiasi tipo, sia della sativa che della indica. A conti fatti questo proibizionismo ha funzionato soprattutto nei confronti della canapa per uso industriale e medico, perché l’ uso consumistico di questa sostanza è notevolmente accresciuto e ha dato vita ad un traffico illegale enorme.
Quello che succede oggi è che mentre un numero sempre maggiore di paesi riscopre l’utilità della canapa e ne rivaluta gli usi medici, una miope burocrazia comunitaria cerca di impedire in tutti i modi che i problemi dell’ambiente, e non solo, possano trovare alcune delle soluzioni che da tanto tempo stiamo aspettando.